Nota del 7 luglio 2010: L’articolo che si
leggerà qui sotto data al 31 gennaio 1987. Mostra a quale punto, 23 anni fa, il
dubbio sulla realtà delle pretese camere a gas naziste divorava tormentava già
l’intellighenzia sterminazionista. In seguito, nel 1988, Arno Mayer, professore
(ebreo) all’Università di Princeton, scriverà: “Le fonti per lo studio delle
camere a gas sono allo stesso tempo rare e dubbie” (“rare and unreliable”:
vedere http://robertfaurisson.blogspot.it/2006/12/le-vittorie-del-revisionismo.html,
punto n° 13). Nel 1996, lo storico francese Jacques Baynac constatava, in
merito a queste camere, “l’assenza di documenti, di tracce o d’altre prove
materiali” (vedere http://robertfaurisson.blogspot.it/2006/12/le-vittorie-del-revisionismo.html,
punto n° 17). Quattro anni dopo, venivamo a sapere che Jean-Claude Pressac, che
pure s’era fatto il più ardente difensore della tesi della loro esistenza,
aveva finito per scrivere (in uno studio terminato il 15 giugno 1995 e reso
pubblico nel 2000 da Valérie Igounet) che queste camere a gas, così come, nel
suo complesso, la storia ufficiale dei campi, erano ormai votate “alle
pattumiere della storia” (vedere http://robertfaurisson.blogspot.it/2006/12/le-vittorie-del-revisionismo.html,
punto n° 18). Infine, il 27 dicembre 2009, Robert Jan van Pelt, professore (ebreo)
all’Università di Toronto, ultimo storico a farsi forte di provare l’esistenza
di queste camere a gas ad Auschwitz e Birkenau, ha appena dichiarato che in
questa materia: “Del 99% di ciò che sappiamo, non abbiamo gli elementi materiali
per provarlo”. Da parte sua, egli si
accontenta di avere in merito “una certezza morale” (“a moral certainty”) e preconizza che si lasci
all’abbandono il complesso di Auschwitz-Birkenau che, materialmente, non prova
per così dire nulla di ciò che milioni di pellegrini si immaginano ancora di
trovarvi (vedere http://www.thestar.com/News/Insight/article/742965).
La scienza storica ha decisamente abbandonato le magiche camere a gas;
non resta nient’altro che la religione, quella del preteso “Olocausto”
degli ebrei, per supportare un’impostura che un giorno si inscriverà negli
annali della storia come una delle più mirabolanti e delle più degradanti
invenzioni umane.
***
In Francia, negli ambienti appena informati, non si crede più tanto nelle camere a gas. Su questa questione, come scrive
G. A. Amaudruz, “i massimalisti ebrei avvertono che la partita sfugge loro di
mano”. Essi sono pronti a mollare le camere a gas per salvare meglio il mito
del genocidio o dello sterminio degli ebrei. La loro tesi, che inquieta molto
Pierre Vidal-Naquet per il quale abbandonare le camere a gas è “capitolare in
campo aperto” [1],
può così riassumersi: c’è stato uno sterminio degli ebrei su vasta scala; non
sappiamo come questo sterminio è stato condotto; i Tedeschi, da parte loro, lo
sapevano ma, dopo la guerra, anziché rivelare agli Alleati il mezzo impiegato,
costoro nelle loro confessioni hanno inventato questa storia di camere a gas; nella loro mente, significava preparare contro gli
ebrei una specie di “bomba a scoppio ritardato”; gli ebrei dovevano credere a questa storia e dovevano difenderla fino
al giorno in cui sarebbe scoppiato palesemente che gli ebrei stavano difendendo
una grossa menzogna.
Questa tesi è laboriosa; essa è,
tuttavia, molto meno faticosa delle elucubrazioni di Shoah (film di
Claude Lanzman) o dei testimoni dell’attuale processo Demjanuk a Gerusalemme.
Due insegnanti d’origine ebrea, Ida Zajdel e Marc Ascione, l’esprimono in
questi termini:
I nazisti in fondo
si trovano in una buona posizione per sapere come sono morti i milioni di
deportati, principalmente di religione o d'origine ebraica, di cui i corpi non
sono mai stati ritrovati. Essi sanno anche perché hanno truccato le proprie
“confessioni”. Con le camere a gas, essi credevano di avere in mano una “bomba
a scoppio ritardato”, uno strumento di diversione e – perché no? – di ricatto. Manifestamente, si è fatta passare la parola: negli
anni di guerra fredda, Paul Rassinier, ex deportato socialista il cui
anticomunismo l’aveva condotto all’estrema destra; nel 1978, Darquier de
Pellepoix, ex commissario alle Questioni ebraiche di Vichy, sostituito da
Faurisson nel contesto di tutta una campagna;
oggi l’estrema destra, [Henri] Roques ed il rexista belga Degrelle, mentre agli USA, in un Institute for Historical
Review, si agita uno sciame di “revisionisti”. Questi signori devono sapere
che hanno ucciso la gallina dalle uova d’oro e che le loro speculazioni sono
durate a lungo: se le camere a gas non sono esistite, esse non potevano essere
il pezzo forte del genocidio, dello sterminio degli ebrei su vasta scala, che
sono un fatto storico che nessuno può permettere che si contesti (Courrier des
lecteurs, “Sur Faurisson”, Article 31, n° 26 gennaio-febbraio 1987, p.
22).
Article 31 è una pubblicazione che
esce dieci volte all'anno (BP 423, 75527 Paris cedex 11). Promuove la
repressione contro coloro i quali “non rispettano i termini” dei trenta
articoli della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Essa suggerisce
la creazione di un “articolo 31” che permetterebbe questa repressione.
Aggiunta: Ricordo qui che, in
un’intervista pubblicata da VSD, Serge Klarsfeld ha riconosciuto che,
finora, non si erano ancora pubblicate delle vere prove dell’esistenza delle
camere a gas, ma solamente degli inizi di prove” [2]. Questo fa ben vedere in quale stima considera delle opere
come Les chambres à gaz ont existé o Les Chambres à gaz, secret d’Ètat. Se
S. Klarsfeld ha ragione, ogni storico ha il diritto ed anche il dovere di
dubitare dell’esistenza di queste camere a gas.
31 gennaio 1987
Traduzione a cura di Germana Ruggeri
__________________
[1] P. Vidal-Naquet, “Le
Secret partagé” [resoconto del libro Les Chambres à gaz, Secret d'Etat],
Le Nouvel Observateur, 21 settembre 1984, p. 80.
[2] VSD,
29 maggio 1986, p. 37.